Lo Shakuhachi è un flauto dritto di bambù tipico della musica tradizionale giapponese. La tipologia più comunemente diffusa è quella derivante dal fuke shakuhachi, uno strumento utilizzato durante il periodo Edo (1603-1867) dai komusō (“monaci del nulla”), monaci questuanti membri della setta buddhista Fuke che lo suonavano per raggiungere l’illuminazione. In seguito all’abolizione della setta, avvenuta nel 1871 per mano del nuovo governo Meiji (1968-1912), nacquero e proliferarono le varie scuole di shakuhachi, ognuna con un proprio stile.
Lo strumento è costituito da due sezioni di bambù madake unite al centro da un raccordo interno (anche se esistono strumenti formati da un unico pezzo), un’imboccatura particolare e l’estremità finale leggermente curvata. Nonostante lo shakuhachi abbia solo cinque fori digitali, l’impiego di varie tecniche esecutive (come la chiusura parziale dei fori, movimenti verticali e laterali della testa, sottili spostamenti delle labbra sull’imboccatura, differenti diteggiature) permette la produzione di microtoni, un’estensione fino a tre ottave e l’esecuzione di diversi tipi di vibrato, portamenti e note ribattute. Di notevole importanza e funzionale alla tipologia di brano da eseguire è la presenza o meno di ji, una lacca che riveste il cavo interno della canna e permette la produzione di un suono caratterizzato da un timbro più stabile. Il modello più utilizzato è lo shakuhachi 1.8, in giapponese isshaku hassun, ovvero uno shaku (30,3 cm) e otto (hachi) sun (3,03 cm).
Otodashi ichinen, kubifuri sannen, koro hachinen
(“Un anno per emettere un suono, tre per imparare i movimenti della testa, otto per la tecnica del koro koro”)